Il cambio di rotta ha recepito un radicato mutamento culturale e sociale: gli Ermellini hanno evidenziato che il divorzio scioglie e recide qualsiasi legame intercorso tra i coniugi, permanendo soltanto un dovere solidaristico assistenziale nel caso in cui uno dei due non disponga di adeguati mezzi di sostentamento o si trovasse nell’impossibilità oggettiva di procurarseli.
Ne è conseguito un taglio netto a tutte le domande di assegno divorzile, atteso che, abbandonato drasticamente il parametro del tenore di vita, il mantenimento sarebbe spettato soltanto in casi di mancanza di mezzi di sostentamento: il vulnus che si è venuto a creare è stato determinato dalla mancanza di un altro e diverso parametro rispetto al quale fare riferimento per la quantificazione di tale assegno e di conseguenza per un periodo le decisioni dei Tribunali sono state le più disparate.

Nel 2018 le Sezioni Unite della Cassazione sono intervenute rapidamente per calmierare la rigidità del nuovo principio introdotto dalla citata sentenza.
Le SS. UU. hanno ribadito l’abbandono dell’anacronistico parametro del tenore di vita, ma hanno anche sancito il diritto a un assegno divorzile a favore del coniuge economicamente più debole, quando nel corso del matrimonio egli abbia sacrificato le proprie ambizioni e aspirazioni lavorative per dedicarsi alla cura della famiglia e dei figli, consentendo all’altro coniuge di svolgere liberamente la propria attività e di formare il suo patrimonio o quello comune.
L’altra ragione per riconoscere un assegno di mantenimento ha natura prettamente assistenziale ed è ravvisabile qualora il coniuge più debole non disponga di mezzi propri di sostentamento o non sia oggettivamente in grado di procurarseli per ragioni di età, fisiche o altro, come nei casi in cui uno dei due sia ultracinquantenne e da tempo fuori dal mercato del lavoro e sia sprovvisto di un proprio patrimonio da mettere a frutto.
La Suprema Corte ha, altresì, precisato che la funzione riequilibratrice dei redditi degli ex coniugi non è, comunque, da considerarsi autonoma, dipendendo sempre dal nesso di causa tra le aspettative rinunciate dal coniuge che si è dedicato alla famiglia e il patrimonio dell’altro. Ne consegue che la differenza economico-patrimoniale tra gli ex coniugi di per sé solo non giustifica l’attribuzione dell’assegno di divorzio, poiché se così fosse tale prelievo sarebbe comunque espressione del superato parametro del tenore di vita; del resto tale pura funzione riequilibratrice dei redditi non è ravvisabile nella normativa del divorzio e neppure trova giustificazione l’idea che l’obbligato sarebbe tenuto a corrispondere tutto quanto sia per lui sostenibile.
La Corte espressamente ha affermato che “L’assegno dev’essere attribuito e determinato al fine di soddisfare le esigenze di vita dignitosa del coniuge richiedente che, dopo le SU del 2018, devono tenere conto anche delle aspettative professionali sacrificate, in base ad accordo con l’altro coniuge, per avere dato un particolare e decisivo contributo alla formazione del patrimonio comune e dell’altro coniuge.”

La sentenza del 11504/2017, con il suo effetto dirompente nel mondo del diritto di famiglia, ha recepito un cambiamento del sentire sociale, pienamente confermato anche dalle Sezioni Unite, alle quali va riconosciuto il merito di aver comunque ribadito la sopravvivenza, in talune circostanze, degli effetti di solidarietà e perequazione delle condizioni patrimoniali dei coniugi in ragione di quel legame familiare che nonostante tutto c’è stato.
Per approfondire
Corte di Cassazione sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504
SS. UU. Corte di Cassazione sentenza datata 11 luglio 2018 n. 18287
Corte di Cassazione sentenza del 7 ottobre 2019 n. 24932