EBA: Evidence Based Art, parte II: L’autenticità dell’opera d’arte

I collezionisti investono somme straordinarie nelle opere d’arte e pretendono una “certificazione di autenticità” del bene acquistato, ma non esistono norme  che garantiscano l’affidabilità e l’immutabilità dei certificati di autentica.

 

Il certificato di autenticità consiste nell’attestazione scritta in cui sono riconosciute determinate caratteristiche e qualità dell’opera, la sua paternità, la datazione e la provenienza e, quindi, la riferibilità della stessa a un determinato artista[1], al quale spetterà la titolarità dei relativi diritti morali e patrimoniali.

È, quindi, evidente l’importanza della certezza, o quantomeno dell’elevata probabilità di attribuzione del bene artistico al suo creatore: peraltro, non esistendo alcun modello tipico di certificazione, nell’idea di creare un sistema metodologico condiviso, dovrà essere tenuta in considerazione che per talune opere puramente concettuali la documentazione dovrà indicare anche le modalità di conservazione e/o riattivazione dell’opera stessa[2].

Vi è da precisare che la dichiarazione di autenticità resa dall’autore, dai suoi eredi o da qualsivoglia altro esperto, è giuridicamente qualificata come un parere, espressione della libertà di pensiero e di critica, il che comporta diverse conseguenze che approfondiremo in seguito.

Le Critique d’art, Norman Rockwell

A chi spetta il diritto di autentica?

Il tema è stato a lungo controverso, in quanto privo di norme specifiche di riferimento, fatto salvo quanto previsto dagli artt. 20, 23 della L.d.A.[3], secondo cui l’autore conserva sempre il diritto morale d’autore e in particolare quello di rivendicare la paternità dell’opera; dopo la morte dell’artista i diritti morali si trasmetto ai legittimari, intesi come il coniuge, i figli, in mancanza gli ascendenti e i discendenti diretti e se non vi è alcuno di questo soggetti, il diritto passa ai fratelli e alle sorelle e da loro ai nipoti: trattasi di un acquisto che iure proprio che prescinde dalla successione ereditaria ed è imprescrittibile e inalienabile.

Parrebbe, quindi, che il diritto di autentica fosse riconosciuto in via esclusiva a favore di questi soggetti: tale interpretazione restrittiva iniziale è stata superata e l’elencazione delle norme è meramente esemplificativa, espressione di facoltà insite nel contenuto del diritto morale d’autore[4].

Quindi, l’autore se vivente può certamente autenticare l’opera, tuttavia la sua posizione non ha alcuna veste privilegiata, essendo ritenuto un mero testimone e la sua dichiarazione soggiace al vaglio del giudice circa l’attendibilità e confrontabilità, senza assumere valore di prova precostituita. D’altro canto, l’artista può anche disconoscere come non propria un’opera attribuitagli, in questo caso si pone la questione della tutela dell’acquirente rispetto al ripudio e alle gravi conseguenze di tale atto, in particolare per il crollo di valore dell’opera disconosciuta, per cui in siffatte ipotesi è richiesto che sussistano gravi ragioni e possono essere subordinate a un indennizzo a favore dell’avente diritto[5].

L’Apertura del testamento, Josef Danhauser

Gli eredi indicati dall’art. 23 LdA possono certamente autenticare l’opera dell’artista defunto, ma sorge un’evidente criticità nei casi in cui questi soggetti non abbiano alcuna competenza nel campo dell’arte e neppure possano essere qualificati come esperti.

Un  cenno va riservato all’obbligo imposto dall’art 64 T. U. Beni Culturali, in virtù del quale il venditore professionale o abituale di opere d’arte è tenuto a consegnare all’acquirente l’attestazione di autenticità dell’opera e la sua provenienza o,  in mancanza il rilascio di una dichiarazione “recante tutte le informazioni disponibili sull’autenticità o la probabile attribuzione o la provenienza”: la violazione di tale obbligo non pare produrre la nullità della compravendita, ma rappresenta un grave inadempimento in ragione del quale il compratore potrebbe richiedere la risoluzione del contratto con la restituzione del prezzo e il risarcimento del danno.

Una riflessione merita il lemma “documentazione attestante l’autenticità dell’opera”, poiché manca qualsiasi prescrizione circa i requisiti oggettivi che questa documentazione dovrebbe presentare per essere ritenuta affidabile.

Invero, il compratore dovrebbe porsi seri dubbi qualora manchino le prove delle specifiche qualifiche professionali in capo sia al soggetto che ha attestato l’autenticità e sia a colui che ha effettuato gli accertamenti scientifici, il cui procedimento deve essere trasparente e accreditato a livello internazionale.

Queste perplessità sono del tutto legittime se consideriamo che il venditore può produrre una dichiarazione di autenticità meramente autoreferenziale e non suffragata dal alcun riferimento scientifico, storico e analitico[6]; peraltro, una chiara informativa in ordine agli aspetti sopra rappresentati induce a confermare la buona fede delle parti all’atto dell’acquisto, per quanto il nostro ordinamento dia per presunta quella del compratore.

Tra i soggetti maggiormente accreditati per il rilascio delle autentiche troviamo gli Archivi e alle Fondazioni, i quali rivestono una posizione dominante nella protezione e tutela della memoria dell’artista. Molto spesso l’autenticità di un’opera dipende dal loro giudizio: il rifiuto di riconoscere l’autenticità e il conseguente dinego dell’inserimento di un’opera nel catalogo dell’artista sono fonte di numerosi e accessi i contenziosi promossi da proprietari, i quali si siano visti negare la certificazione di autenticità, oppure il rifiuto all’inclusione nel catalogo sulla base di un certificato di autentica di terzi.

Archivio Storico Banco di Napoli, Cr. Ph. Artribune

Sul punto, è noto che la giurisprudenza, non solo italiana[7], ritenga inammissibile la domanda diretta a ottenere l’accertamento dell’autenticità di un’opera d’arte, poiché tale domanda ha a oggetto un fatto e non la tutela di un diritto, tuttavia, senza addentrarci tra gli stretti meandri processualistici, si può richiamare una sentenza della Corte d’Appello di Milano del 4 maggio 2020 resa nel caso promosso contro la Fondazione Fontana di Milano, che ha aperto una piccola breccia nel granitico orientamento delle corti di merito e di quella di legittimità: nella citata pronuncia si è affermato che “… la domanda di accertamento avente ad oggetto un fatto – la dichiarazione di autenticità – laddove sia funzionale a tutelare un diritto oggetto di contestazioni da parte di terzi, concretamente idonee a pregiudicarne l’esercizio, deve risultare ammissibile, pena un ingiustificato vuoto di tutela, contrario al principio di cui all’art. 24 Cost.  – omissis – Le contestazioni sollevate dalla Fondazione circa l’autenticità della scultura Bo. risultano concretamente idonee ad arrecare un serio ed attuale pregiudizio all’esercizio della facoltà di disporre pienamente e liberamente del bene, insita nel diritto di proprietà.”[8]

Resta il fatto che nulla osta a un accertamento dell’autenticità di un’opera può in via incidentale all’interno di un giudizio come nel caso si agisca per la risoluzione del contratto per la vendita di un’opera falsa.

Rimane, comunque, la questione dell’incoercibilità sia del rifiuto da parte dell’archivio o fondazione a contrarre con i terzi che ne facciano richiesta per il rilascio di un certificato di autenticità, sia del fatto che è escluso che il Giudice possa ordinare coattivamente l’archiviazione di un’opera, trattandosi dell’espressione di un giudizio, il quale è per sua definizione incoercibile[4].

Alla luce delle riflessioni esposte, si apre lo spinosissimo tema delle qualifiche dell’esperto: chi è l’esperto d’arte titolato a rilasciare il proprio parere sull’autenticità di un’opera d’arte?

Il dato oggettivo è sconfortante, atteso che non vi è alcun albo o elenco abilitante alla professione di soggetto “esperto” d’arte e domina incontrastata l’autoreferenzialità, mancando qualsiasi forma di filtro professionale: è inconfutabile come non possa ritenersi affidabile un soggetto che reclami di poter autenticare qualsiasi tipo di opera d’arte antica, moderna e/o contemporanea, così come l’esistenza di un interesse economico nel mercato esclude quella necessaria indipendenza di giudizio stante il sotteso conflitto d’interessi.

Quindi, è possibile individuare i requisiti minimi in virtù dei quali un soggetto posse essere considerato un esperto in grado di effettuare un’esatta connesseurship, oppure i testi scientifici ritenuti necessari?

Anche sotto questo profilo, The Hecker Standard® individua diversi requisiti che dovrebbero essere accertati dal committente, ovvero dalla comunità di studiosi, prima di ritenere affidabile il parere dell’esperto, il quale dovrebbe avere quanto meno una laurea in storia dell’arte, essere riconosciuto come studioso a livello internazionale, aver effettuato pubblicazioni scientifiche in materia peer to peer,  dimostrare autonomia rispetto al mercato, affinché  non siano ravvisabili conflitti d’interessi anche soltanto potenziali.

In sintesi, deve essere garantita l’indipendenza e la completa libertà di giudizio sia sotto il profilo concettuale sia estetico[5].

Come arrivare a questo risultato? Il percorso non è certamente breve, richiedendo un radicale mutamento culturale e di visione, esattamente come è avvento in campo medico, dove ancora oggi i nuovi principi di gestione del rischio clinico introdotto in Italia dal 2017 cercano di superare l’obsoleta e pericolosa autoreferenzialità unita alla consolidata tendenza del “si è sempre fatto così”.

Quindi, un ampio spazio dovrà essere conquistato dagli studiosi del settore, unitamente agli artisti, storici dell’arte, intermediari e galleristi, aprendo le porte anche a professionalità diverse come quelle giuridiche, dalle quali non è possibile prescindere, stante le evidenti criticità e le severe conseguenze sotto il profilo legale delle questioni afferenti all’autenticità delle opere d’arte.

La produzione di confronti e scambi nei sistemi di approccio all’esame e valutazione dell’opera, la confutazione libera e scevra da pregiudizi dei risultati e l’attenta considerazione dei dubbi sollevati, porterebbero raggiungere una concordanza di prassi e/o metodi condivisi, grazie ai quali estrarre quelle evidenze oggettive che possano sostenere una dichiarazione di autenticità.

Con il tempo e il consolidamento delle modalità operative potrebbe avvenire l’introduzione di un nuovo sistema più efficace e di garanzia: questo è il percorso che è stato seguito in campo medico e che si è esteso anche agli aspetti normativi, in quanto la giurisprudenza recependo il mutamento del diritto vivente ha rimodulato i propri principi, uniformandosi a quelli formatisi a livello interazionale, ponendo le Linee guida tratte dalla EBM quale parametro per elidere la responsabilità penale in caso di eventi lesivi dovuti a imperizia del medico (Vedasi art. 596 Bis C.p.).

Si potrebbe citare anche un altro esempio nel quale l’attività dell’avvocatura che si occupa di diritto di famiglia (AIAF Associazione Italiana Avvocati Aamiglia) giocato un ruolo essenziale, evidenziando le criticità del sistema e proponendo soluzioni efficaci: grazie a un lungo lavoro di confronto con tutti gli operatori del settore, ha ottenuto l’introduzione nei Tribunali della Sezione specializzata nel diritto di famiglia e questo in ragione del fatto che si una materia complessa che richiede competenze specifiche con risvolti diversi e spesso molto invasisi rispetto alla vita della persone, ma soprattutto dove è richiesta la massima protezione degli interessi dei minori.

Anche il mondo dell’arte, deve aprirsi alla condivisione delle professionalità, il singolo esperto non può rimanere arroccato nell’eremo della sua conoscenza, ma deve essere parte di un percorso complesso e sfaccettato dove ognuno ha un ruolo intrecciato all’altro per il raggiungimento del risultato più prossimo alla verità.

Nell’ambito artistico per l’entità dei valori in gioco limitarsi al criterio civilistico del “più probabile che non”, che regge l’attribuzione di responsabilità in caso di lesione colposa, deve cedere il passo al parametro penalistico dell’elevata probabilità, oppure per onestà intellettuale è preferibile lasciare il dubbio di attribuzione della paternità dell’opera.

Una  forte virata  di rotta verso una metodologia condivisa della Due Diligence, potrebbe sembrare un’idea utopistica, stante i diversi interessi in gioco, tuttavia, il cambio della natura del mercato dell’arte, spostatosi oggi più verso gli investitori e le loro ricchezze, non potrà più prescindere dall’introduzione di una specifica regolamentazione in quanto la fiducia e la sicurezza delle transazioni in siffatti sistemi rappresentano pilastri irrinunciabili per l’affidabilità che l’operatore ripone dando per presupposto il buon funzionamento.

… Segue

Il Tondo di Brecy, attribuito a Raffaello dall’Intelligenza Artificiale

 

Per approfondire

[1]Autenticità, Authenticité, Authenticity dell’opera d’arte. Diritto, mercato, prassi virtuose” di A. Donati, in Rivista Diritto Civile 2015.

[2] A. Donati: “Va comunque sin da ora rilevato,…, che la complessità delle produzioni artistiche contemporanee – soprattutto quello time-based la cui esperienza implica trasformazioni dell’oggetto nel tempo – richiede, ai fini della certificazione di autenticità, una documentazione scritta più esaustiva contenente le informazioni anche in ordine alle modalità di conservazione e riattivazione dell’opera, comportando, pertanto, un’auspicabile trasformazione del certificato di autenticità in certificato di autenticità e conservazione preventiva

[3] Legge del 22 aprile 1942 n. 633, meglio nota come Legge sul diritto d’autore.

[2]Arte e diritto fra autenticazione e accertamento” di G. Frezza, ed. Scientifiche Italiane, 2019, pag. 45 e ss.

[4]Autentiche, perizie, archiviazioni di opere materiali delle arti figurative: verità e responsabilità tra diritto e arte” di F. Bosetti, in Danno e Responsabilità n. 2, 1° marzo 2021, pag. 148

[5]Il monopolio delle fondazioni e la libertà di espressione: un nuovo caso francese” di G. Calabi e S. Hecker in WeWealt 21/2/2023 dove si  riporta quanto avvenuto in Francia “Il 23 novembre 2022 la Corte d’Appello di Parigi ha rigettato le domande del collezionista condannandolo al risarcimento di 8.000 euro per lite temeraria (procédure abusive). Secondo la Corte parigina, non rientra tra i compiti dell’autorità giudiziaria pronunciarsi sull’autenticità di un’opera d’arte. Ruiz-Picasso, a causa dei suoi rapporti diretti con l’artista, potrà anche essere ritenuto una voce particolarmente qualificata per esprimersi sull’autenticità dell’opera, ma non detiene alcun monopolio sull’attività di autenticazione, poiché ognuno può esprimere un’opinione sull’autenticità di un’opera d’arte a condizione di averne la competenza e che tale competenza sia riconosciuta dal mercato dell’arte.”

[6] Corte d’Appello di Milano, Sez. Impresa, Sentenza 4/5/2020, n. 1054

[7]Attribuzioni contestate di opere d’arte e limiti alla tutela giurisdizionale” di A. Barenghi, in Giurisprudenza Italiana, n. 1, 1° gennaio 2022, pag. 57

[8] A. Donati, cit., pag. 997

[9]Attribuzione di opere d’arte. Vero o falso?” di Andrea Barenghi, in Corriere Giuridico n. 8-9, 1° agosto 2019, pag. 1093;

Immagine di copertina: Salvador Mundi, Cr. Ph. Il Gionale dell’Arte e Christie’s

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L’assegno di divorzio dopo il 2017

Il 2017 è stato un anno rivoluzionario per la Giurisprudenza in tema di assegno divorzile: con la sentenza n. 11.504 del 10 maggio 2017 la Corte di Cassazione, con una decisione epocale, ha spazzato via un orientamento granitico e ultraventennale, secondo cui l’assegno di divorzio andava determinato sulla base del tenore di vita avuto dal coniuge richiedente in costanza di matrimonio.

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